Lavoro Estate, Covid e turismo: ecco com’è andato il 2020
Com’è andata, per il settore turistico, l’estate 2020 caratterizzata dal Covid?
Cosa è cambiato in termini di livelli di occupazione, trattamento lavorativo e stipendi per i lavoratori del settore?
E per le aziende, che ripercussioni ci sono state relativamente al fatturato, al numero di personale assunto e alla facilità di reperimento dei lavoratori?
Ce lo illustra in maniera dettagliata un’indagine svolta da LavoroTurismo, che per il terzo anno consecutivo analizza, dalla voce diretta degli interessati, il turismo estivo.
Lo staff del portale online ha svolto due sondaggi: uno dedicato al personale e l’altro alle aziende.
Al primo hanno partecipato 1.495 persone, al secondo 452 aziende.
Per quanto riguarda il personale, le domande proposte hanno riguardato 3 diversi ambiti: regole anti-Covid, orario di lavoro e giorno libero, trattamento dei dipendenti.
Anche per le imprese gli ambiti sono stati 3: regole anti-Covid, fatturato, gestione e ricerca del personale.
Il punto di vista dei lavoratori
Durante l’estate 2020, circa il 70% dei lavoratori intervistati aveva un’occupazione a tempo determinato o stagionale, mentre il 19% circa a tempo indeterminato.
In merito alla percentuale di rischio di contagio che si era disposti a tollerare pur di lavorare, le risposte sono state praticamente univoche.
La stragrande maggioranza dei partecipanti al sondaggio, infatti, ha affermato dei essere stato disposto a tollerare un rischio da molto basso a medio.
Rispetto agli anni precedenti, ciò che è emerso che si è lavorato per una retribuzione inferiore rispetto al passato.
Peggiore del solito, inoltre, è stato il trattamento lavorativo, e soprattutto gli stagionali hanno lavorato per un elevato numero di ore e senza giorno libero.
Le misure anti-Covid: lavoratori soddisfatti
I dipendenti hanno riferito di aver particolarmente apprezzato l’organizzazione che le aziende hanno posto nel rispetto delle regole anti-Covid.
Positivo, da parte loro, anche il riscontro circa l’osservanza di tali regole da parte della clientela.
Solo l’8% dei lavoratori ha valutato negativamente il rispetto delle regole da parte delle aziende. Quasi il 70% lo ha giudicato molto positivo e il 25% sufficiente.
Bene anche il giudizio sulla scrupolosità dei clienti: per il 50% dei dipendenti le valutazioni sono state molto positive, per il 30% sufficienti e per il 20% negative.
Circa la propensione a tollerare l’ipotesi di un contagio pur di lavorare, il 75% degli intervistati si è dichiarato disposto a tollerare un rischio da molto basso a medio.
Soltanto il 25% ha risposto di essere stato disposto a correre un rischio anche alto.
Giorno libero e orario lavorativo: dato da migliorare
Tra gli aspetti da migliorare portati allo scoperto dal sondaggio ci sono sicuramente l’orario di lavoro e il giorno libero.
Come evidenzia LavoroTurismo, si tratta di elementi importanti per spingere le nuove generazioni a scegliere questo ambito professionale.
Il 48% degli occupati ha lavorato oltre 9 ore al giorno: a vivere questa situazione sono stati soprattutto lavoratori a tempo determinato o stagionali.
La percentuale di chi ha superato la soglia delle 9 ore, in effetti, aumenta se si escludono dal sondaggio i lavoratori a tempo indeterminato.
Altro aspetto su cui c’è ancora della strada da percorrere è quello legato al giorno libero. Nel periodo estivo del 2020, il 24% dei lavoratori ha lavorato 7 giorni su 7.
Anche in questo caso con maggior incidenza per la categoria dei dipendenti a tempo determinato e stagionali.
Trattamento dei dipendenti: non bene, ma poteva andare peggio
La pandemia ha avuto ripercussioni dirette sul trattamento dei dipendenti, portando ad un peggioramento delle condizioni generali.
Questo è stato segnalato da più della metà del campione. Sommando anche le posizioni intermedie si raggiunge la soglia del 74%.
Si è lavorato meno, con stipendi più bassi e per le stesse ore di lavoro: lo afferma il 55% degli intervistati.
Tuttavia, i dipendenti non ritengono – per la maggior parte – di essere stati sfruttati dai datori di lavoro.
A specifica domanda, il 53% ha risposto di no, il 23% ha risposto ‘forse’ e il 24% ha risposto sì. Volendo dividere gli indecisi tra gli altri due poli, si evince come i 2/3 del campione ritenga di non essere stato sfruttato.
Per più della metà del campione a determinare questo risultato è stata la situazione di crisi economica.
I numeri nel dettaglio
La maggioranza del campione intervistato vanta esperienza di lungo corso nel settore. Sommando il panel di chi lavora da 10/20 anni con quello che supera i 20 anni si ottiene oltre il 50% del totale.
La disoccupazione ha colpito circa un terzo (36,8%) di chi opera nell’ambiente.
Tra questi, il 55,2% non ha beneficiato di sostegno al reddito, mentre il 20,3% ha percepito la cassa integrazione e un altro 20,3% la disoccupazione Naspi.
A farla da padrone, tra chi ha lavorato, sono stati i contratti a tempo determinato: in tutto il 70% circa, di cui il 35% relativo agli impieghi principalmente estivi.
Il 51% delle persone impiegate nell’estate 2020 risiede al Nord, il 28,3% al Centro e il 17,1% al Sud. Si segnala un 3,6% con la residenza all’estero.
Unendo il dato di residenza con quello di lavoro, si nota che gli spostamenti per lavorare si sono verificati prevalentemente verso il Sud Italia.
Quanto al luogo di lavoro, infatti, il 52,4% ha indicato il Nord, il 17,7% il Centro e il 23,9% il Sud. Il restante 6% ha lavorato all’estero.
La stagione estiva secondo i titolari di azienda
Come già per i lavoratori, anche per i datori di lavoro quella del 2020 è stata un’estate in chiaroscuro.
Alcuni aspetti positivi ci sono stati, ma sono stati controbilanciati da situazioni che hanno avuto ripercussioni negative sull’andamento generale della stagione.
In particolare per quel che riguarda il fatturato e le dinamiche relative alla gestione del personale.
Si è operato in maniera ottimale, invece, circa l’applicazione delle regole anti-covid.
Per il 70% dei titolari, i clienti hanno mostrato comportamenti molto positivi sia verso il personale che verso gli altri clienti.
Il 22% ha comunque colto comportamenti positivi. Solo il 7,1% degli imprenditori ha avuto esperienze giudicate negative.
Proprio come i lavoratori, neppure gli imprenditori si sono detti disposti a correre rischi di contagio per poter lavorare.
Solo il 9% dei partecipanti al sondaggio si è dichiarato disponibile ad accettare un rischio anche elevato.
Istantanea delle imprese che hanno partecipato al sondaggio
Il campione è composto, per il 63,3%, da aziende che operano nell’hospitality (Hotel e strutture ricettive). L’area ristorazione e bar comprende un altro 14,6%, mentre il settore viaggi e vacanze il 9,7%.
Meno rappresentati gli altri ambiti (benessere e divertimenti, eventi e congressi e ulteriori tipologie).
Le imprese con attività annuale rappresentano il 63,3%. Altra categoria ben rappresentata è quella delle aziende stagionali delle località di mare (15,9%).
In merito alle dimensioni, si tratta nel 46% dei casi di imprese di piccola dimensione, seguite da quelle di media dimensione (24,8%) e di dimensione molto piccola (23%).
Per collocazione geografica, il 58% delle aziende che hanno partecipato sono collocate al Nord Italia, il 30,5% al Centro e solo l’8% al Sud.
Fatturato e assunzioni: un’estate da dimenticare
Il sondaggio ha portato alla luce una riduzione del volume d’affari di circa il 30% per quasi tutte le aziende.
A lamentare tagli di questa entità è stato oltre l’85% degli intervistati. Davvero pochissime (il 6%) quelle che sono riuscire a fatture quanto o più del 2019.
Per il 58% degli imprenditori, l’indice è andato giù di oltre il 40%.
Va però sottolineato che il campione comprende, per un 63% del totale, anche aziende che lavorano per l’intero arco dell’anno.
Per le imprese attive solo nei mesi estivi le situazioni di difficoltà registrate sono state inferiori.
Il 65% delle aziende ha detto di aver assunto meno personale rispetto al passato. Solo il 36% ha affermato di aver assunto lo stesso numero di dipendenti, mentre il 37% ha confermato di aver assunto molto poco.
Il 68,6% delle imprese non ha avuto problemi nella ricerca del personale, tuttavia il 15,2% fa presente di averne avuti da abbastanza a molti nei mesi di luglio e agosto.
Soprattutto nelle aree di cucina, sala e bar (24,3%), e servizi di pulizia (14,2%).
Post-Covid: le buone prassi da mantenere
L’epoca del Covid è un periodo che tutti, sicuramente, cercheremo di dimenticare il più in fretta possibile.
L’impatto della pandemia è stato devastante sotto tutti i punti di vista, non ultimo quello legato all’economia.
Nonostante ciò, c’è chi da questo periodo buio è riuscito anche a trarre qualche spunto positivo per il futuro.
Nel settore turistico, ci sono imprenditori che continueranno a mantenere alcune delle buone prassi sperimentate in questo frangente.
Dalla maggiore attenzione alle materie prime fino a un più capillare utilizzo della tecnologia.
Molti, ad esempio, hanno intenzione di mantenere il servizio a buffet ‘servito’.
Ciò permetterà da un lato di mantenere standard igienici più accurati, dall’altro di dare un taglio agli sprechi.
Più di tutto, però, a subire un cambiamento migliorativo si immagina possano essere i rapporti interpersonali.
La vita di relazione, in tutti gli ambiti, tenderà a conservare alcune delle nuove abitudini, soprattutto per quel che riguarda il rispetto dell’altro.
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